Ohr (ebraismo)

Luci nell'universo[1]

Ohr (in ebraico אור?, Luce; plurale: Ohros/Ohrot, in ebraico אורות?) è un termine centrale nella Cabala della tradizione mistica ebraica; in italiano è definito come luce celeste e/o luce superna.

L'analogia della luce fisica viene usata come modo per descrivere le emanazioni metafisiche divine. Shefa ("Flusso" in ebraico שפע? ed il suo derivato, Hashpoah "Influenza" in ebraico השפעה?), vengono a volte utilizzati alternativamente nella Cabala ebraica, termini presenti anche nella filosofia ebraica medievale per significare influenza divina, mentre i cabalisti preferiscono Ohr perché il suo valore numerico (ghematrico) risulta in Raz ("mistero").[2] È una delle due metafore principali nella Cabala, per comprendere la Divinità, insieme con l'altra metafora della relazione tra anima e corpo nelle Sephirot.[3] La descrizione metaforica del flusso creativo spirituale divino, usando il termine come "luce" fisica percepita dall'occhio, proviene da similarità analoghe. Queste includono la fisicità immateriale della luce, la gioia che ispira e l'illuminazione che dà, la sua trasmissione apparentemente immediata e il costante collegamento con la sua fonte. La luce può essere velata ("Tzimtzum" - 'contrazioni' nella Cabala) e riflessa ("una luce ascendente dalle Creazioni" nella Cabala). La luce bianca si divide in 7 colori, eppure questa pluralità si unisce da una sola fonte. La luce divina si divide in 7 Sephirot emotive, ma non vi è alcuna pluralità nell'Essenza divina. Il termine Ohr nella Cabala viene opposto a Ma'ohr, il "luminare", e Kli, il "vaso" spirituale della luce.

Come metafora ha anche i suoi limiti. La Divinità può essere compresa solo da confronti analoghi ai fenomeni spaziali e temporali che capiamo. Una volta che queste immagini vengono afferrate, la Cabala sottolinea allora la necessità di tentare di trascenderle capendo le loro carenze. Tra i limiti della metafora centrale della "luce" sono l'incapacità fisica del luminare di trattenere il suo splendore, la realizzazione dello scopo che la luce dà al luminare, e la differenziazione categorica tra la fonte e la sua luce. Per Dio, la Creazione è sorta metaforicamente "nella Divina Volontà",[4] e non è stata provocata. L'emanazione della Creazione non permette di considerare lacune nella perfezione di Dio, questo sebbene nel Creato (cfr Nequdim) ve ne possano essere.[5] La distinzione tra la Luce divina (a cominciare dall'Ohr Ein Sof - la "Luce Infinita" primordiale, e successivamente le 10 emanazioni delle Sephirot) e la Fonte Divina (l'Ein Sof "Infinito") appare solo rispetto alla Creazione. Dalla prospettiva di Dio, la Scrittura afferma: "Io sono il Signore, non cambio".[6] Dalla prospettiva dell'autoconoscenza divina, le emanazioni rimangono completamente unite e nullificate alla fonte. Ciò risponde alla critica rabbinica di dualismo nella Cabala. Il termine nella Cabala e nella filosofia chassidica di questo annullamento è Bittul. Nella vita spirituale quotidiana (Deveikuth) ispira l'umiltà mistica di annullamento dell'ego.

  1. ^ Ammasso di galassie (abbrev. MACSJ0717), dove quattro ammassi separati di galassie entrano in collisione; documentato per la prima volta dalla NASA in immagine composita, Chandra X-ray Observatory, 2009.
  2. ^ "Sia la Luce!" ( Genesi 1:3, su laparola.net.) che diventa "Sia il Mistero/Occultamento", "poiché Raz e Ohr sono una cosa sola" - Zohar 1:140a e Zohar Hadash Genesi:8d. Citato con ulteriori note in Mystical Concepts in Chassidism, di Jacob Immanuel Schochet, Kehot Publications, cap. 1. Libro stampato anche come appendice supplementare al Tanya bilingue, Kehot Publ.
  3. ^ Mystical Concepts in Chassidism, cit., cap. 1 "Anthropomorphism and Metaphors": (I. Anthropomorphism, II. The Man-Metaphor, III. The Light-Metaphor)
  4. ^ Espressione riscontrata nel Tanya.
  5. ^ Secondo Isaac Luria il motivo della Creazione era quello di realizzare le Sephirot. Gli attributi divini di bontà, giustizia, misericordia e così via, potevano manifestarsi solo mediante la loro realizzazione esperienziale nella Creazione. Tuttavia, questa non è la ragione assoluta del Creato, siccome le Sephirot non portano nessun compimento del perfetto Ein Sof (Essenza divina). Questa spiegazione si riferisce solo alla Divina Volontà (Keter), che ha emanato le Sephirot. Nella filosofia chassidica vengono confrontate le diverse spiegazioni mistiche e filosofiche ebraiche per lo scopo della Creazione (ad esempio in uno studio sistematico fatto da Menachem Mendel Schneersohn). La ragione ultima fornita è che "Dio desiderava una dimora nei mondi inferiori". Secondo lo Chassidut, questo desiderio è radicato nelle dimensioni più intime del Keter, l'intelletto superiore, e "su un desiderio non si può fare domande". Si chiama "desiderio" l'implicare che Dio non avesse bisogno di emanare la Creazione, perché se lo avesse avuto, allora ci sarebbe stato in definitiva un motivo per la Creazione, potenzialmente in grado di essere compreso dall'intelletto.
  6. ^ Malachia 3:6, su laparola.net..

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